E’ uno dei giornalisti più amati della televisione sia pubblica che privata. I suoi programmi hanno sempre centrato l’attenzione dei telespettatori e originato critiche e commenti. Il suo nome è sinonimo di dibattiti, a volte anche particolarmente accesi, come d’uso nella televisione urlata dei giorni nostri. Lui è Michele Santoro, nato a Salerno nel 1951 da una famiglia di operai.
Santoro dalla carta stampata alla TV
Il padre era macchinista ferroviere e lui ha subito manifestato una predisposizione allo studio. Si laurea in filosofia all'Università di Salerno sotto l’ala protettrice di Biagio De Giovanni. Non nasconde le sue idee di sinistra. Da ragazzo si definisce maoista e milita nell’UCI, l’Unione Comunisti Italiani. Da giornalista muove i primi passi nella rivista "servire il popolo" vicina all’UCI, poi alla vice direzione della "voce della Campania" un settimanale legato al PCI. Viene allontanato perché le sue idee si discostavano troppo da quelle del partito. Collabora con il Mattino, L’Unità e Epoca. La sua fortuna però la fa la televisione. Si percepisce immediatamente sin dalle prime uscite che Santoro è un "animale" da televisione. Buca il video, il suo modo di esporre i fatti e le idee sono pacate, tranquille, coinvolgenti. Il telespettatore lo ammira e ne condivide il modo di presentarsi. Ha condotto così: Samarcanda, il Rosso ed il Nero, Tempo Reale, sempre su Rai 3. Nel 1996 lascia la RAI in disaccordo con le posizione del direttore di rete, Enzo Siciliano e si lega con Mediaset dove propone il programma di approfondimento Moby Dick, Tutti si aspettavano un successo immediato, invece il programma stenta a decollare. Delle due puntate settimanali previste inizialmente si passa ad una. La qualità però non manca e lentamente il programma inizia a catturare l’attenzione di un pubblico sempre maggiore. Alla fine, alla puntata ufficiale si affiancherà lo speciale Moby’s, un reportage di puro giornalismo, senza dibattito in studio.
Contro le bombe della NATO
Durante la guerra nel Kosovo, Santoro è lì che denuncia i danni perpetrati dalle bombe della NATO sui civili e questo significa scatenare un’onda anomala di polemiche che lo investono ma non lo travolgono. Ritorna in RAI con l’intenzione di restare e propone Circus, programma di approfondimento politico itinerante realizzato sotto un tendone da circo in onda su Rai1. Sempre sulla rete ammiraglia lancia Sciuscià, siamo nel 2000, programma di grande successo anche alla formula innovativa che vede i reportage montati come fossero spezzoni di film. Passa su Rai2 con il Raggio Verde, approfondimento politico ma senza pubblico in studio. Le polemiche suscitate dall'intervista del giudice, Paolo Borsellino, che rivelava che nel 1992 si stesse indagando su Berlusconi, Dell’Utri e le connivenze con la famiglia mafiosa dei Mangano trasmesse al Raggio Verde, scatenarono le ire del centro destra. Viene epurato unitamente ad altri indesiderati come Daniele Luttazzi e Enzo Biagi all'indomani della vittoria del centro destra alle elezioni del 2004. Da esterno comincia una battaglia sull'informazione e contestualmente si candida come indipendente alle elezioni europee con il PD. Rientra in RAI nel 2006 con Annozero.
L'avventura a La7 e la multi-piattaforma TV
Alterne vicende lo portano vicino ad un accordo con LA7 che ha come editore Telecom Italia. L’accordo non si chiude così decide di lanciare il programma Servizio Pubblico sfruttando una multi-piattaforma costituita di televisioni locali. Il programma va e viene inserito nei palinsesti di Sky. Nel 2012 si accorda con La7 e questa volta l’accordo si chiude e il giornalista rilancia Servizio Pubblico. Tre anni dopo rientra in RAI con il programma Italia. Nel 2017 propone lo speciale M in cui unisce teatro, talk show ed indagine storica per raccontare sprazzi della vita di Hitler.